Novità: BIOPLASTICA per gli imballaggi di Officina Naturae

Abbiamo ricevuto da Officina Naturae questa mail che illustra le novità sugli imballaggi dei loro detrersivi:

IL FLACONE E LA TAZZINA DI CAFFÈ
Come ben sa chi ci conosce da tempo, per noi è importante il contenitore, tanto quanto il contenuto.
Abbiamo sempre investito molte risorse, sia economiche che umane, in ricerca e sviluppo, per trovare l’imballaggio “ideale”, un aspetto spesso trascurato dalla maggior parte dei produttori di detergenti e cosmetici, anche ecologici.
In questi anni siamo passati dai secchielli, alla busta flessibile, alla plastica riciclata, al softbox.
Tutte soluzioni con i rispettivi pregi e difetti, ma sempre con un senso logico, evitando soluzioni di facciata, che sembrano dare una risposta sostenibile, ma che servono solo a soddisfare le lecite richieste di un consumatore critico.
Siamo quindi assai felici nel presentarvi quella che per noi rappresenta, al momento, la soluzione più sostenibile, sia in termini ecologici che economici:
LA BIOPLASTICA
Saccharum officinarum
Lo zucchero di canna si ottiene dalla macinazione della Saccharum officinarum (più comunemente chiamata “canna da zucchero”) da cui si ricava uno sciroppo molto concentrato che viene, poi, distillato e inviato a cristallizzazione.
Da questo processo si ottiene anche una buona percentuale di “etanolo”, utilizzato principalmente come biocombustibile.
Non tutti sanno, però, che l’etanolo così prodotto – o meglio, il bioetanolo da zucchero di canna – può essere utilizzato per la sintesi di bioplastiche, in particolare polietilene a alta o bassa densità (HDPE o LDPE).
Viene così ricavato un polietilene verde che garantisce le stesse identiche caratteristiche prestazionali del polietilene comune, ottenuto dal petrolio (quest’ultimo carico di una serie di problemi in tutto il suo ciclo di vita).
Abbiamo scelto coraggiosamente (e sì, si tratta di scelte coraggiose) di rinnovare, a partire da ottobre 2014, gli imballaggi dei detergenti per la casa, utilizzando, quindi, questa nuova materia prima, il polietilene verde proveniente da canna da zucchero coltivata, responsabilmente, in Brasile.
La coltivazione della canna da zucchero necessita di particolari condizioni climatiche, caratteristiche delle zone tropicali ed il Brasile ne è attualmente il maggior produttore. Tuttavia, la terra coltivata a canna da zucchero, occupa il 2,4% della superficie coltivabile che – ci teniamo a sottolineare – non ha espansione nella zona protetta della Foresta Amazzonica.
Le coltivazioni occupano, infatti, aree adatte alla coltivazione meccanica, pascoli abbandonati e degradati e aree con basso sfruttamento di risorse idriche.
La coltivazione avviene poi in rotazione con l’arachide, prestando particolare attenzione al rispetto delle aree destinate alla produzione alimentare.
La bioplastica che utilizzeremo per il nuovo packaging, è certificata “4 stelle” da Vinçotte (certificazione indipendente belga), il massimo della valutazione, in quanto realizzata con la maggior percentuale possibile da risorse rinnovabili, quasi il 100%. Vanta una consistente riduzione delle emissioni di CO2 in tutto l’intero ciclo di vita del prodotto, rispetto alla produzione della stessa plastica (HDPE) da risorse fossili, riducendo conseguentemente il potenziale riscaldamento globale, evitando l’assottigliamento dello strato di ozono e le piogge acide.
Infatti la produzione di 1 kg di polietilene verde assorbe 2.15 kg CO2eq, mentre la produzione di 1 kg di polietilene di origine fossile emette 1.8 kg CO2eq quindi il bilancio risulta positivo per la bioplastica di 3.98 kg CO2eq!
Un esempio concreto: la produzione di 200 kg di bioplastica evita l’emissione di una quantità di CO2, pari a quella prodotta in un anno da un’auto che percorre 15 km al giorno.
Inoltre, la “bagassa”, che non è una donna di facili costumi, ma un sottoprodotto della lavorazione dello zucchero di canna, è utilizzata come combustibile per la produzione di energia elettrica, sia per gli stessi impianti di produzione che per l’intera rete elettrica brasiliana.
Altri residui organici di lavorazione vengono utilizzati per la fertilizzazione di suoli degradati che diventano nuovamente coltivabili, senza un uso pesante di fertilizzanti chimici.
L’ impatto ambientale del trasporto perde nettamente di consistenza, se rapportato alle basse emissioni dell’intero ciclo produttivo.
E se ancora rimane qualche dubbio, sulla fase di smaltimento del polietilene verde, possiamo affermare con certezza che questo materiale, è riciclabile al 100% e può essere conferito nella raccolta differenziata della comune plastica.
Così, il ciclo di vita di questa bioplastica si chiude perfettamente, e noi siamo più che convinti che, utilizzandola per il packaging dei nostri prodotti, contribuiremo a ridurre notevolmente la nostra impronta ambientale!
MA È COMPOSTABILE?
Secondo la norma EN 13432, un materiale per definirsi “compostabile”, deve possedere alcune caratteristiche, tra le quali:
• la massa del materiale, a contatto con materiali organici per un periodo di 3 mesi, come ad esempio in un impianto di compostaggio, deve ridursi per almeno il 90% in frammenti di dimensioni inferiori a 2 mm;
• il materiale non deve avere effetti negativi sul processo di compostaggio;
• bassa concentrazione dei metalli pesanti additivati al materiale;
• valori di pH entro i limiti stabiliti;
• contenuto salino entro i limiti stabiliti;
• concentrazione di solidi volatili entro i limiti stabiliti;
• concentrazione di azoto, fosforo, magnesio e potassio entro i limiti stabiliti.
Quindi, se si volesse realizzare un flacone in materiale compostabile (tipo Mater Bi, PLA, ecc), idoneo per contenere dei liquidi ed in particolare dei detersivi, si incorrerebbe in una serie di limiti tecnici:
• il flacone avrebbe dei punti (ad esempio nel collo), in cui lo spessore del materiale sarebbe tale da non riuscire a decomporsi nei 3 mesi prescritti. Questo porterebbe alla presenza, alla fine del ciclo di compostaggio, di parti di flacone non “digerite”, che renderebbero inutilizzabile tutto il compost.
• Al momento attuale, nessun materiale compostabile (Mater BI, PLA, ecc) garantisce una resistenza meccanica e permeabilità al vapore (evaporazione dell’acqua attraverso il materiale) sufficiente per garantire la produzione e messa in commercio di un detersivo.
Il polietilene verde è invece riciclabile al 100%
ECODESIGN
Il materiale con cui è costituito un imballaggio non è la sola cosa da tenere conto per definirlo ecosostenibile.
In commercio si vedono prodotti ecologici e non, confezionati in flaconi col manico o di forme tali (tonde, irregolari, ecc) che sprecano spazio all’interno delle scatole con le quali vengono spediti e trasportati. È inutile vantare di avere un prodotto ecologico, quando poi, in fase di trasporto, quasi un 20% di volume trasportato è aria!
Non ci siamo quindi fermati alla sola bioplastica, abbiamo da tempo studiato un imballaggio ecosostenibile in termini di peso, materiale e ciclo di vita. Abbiamo quindi prodotto, in totale autonomia, un flacone in ecodesign, cioè pensato e disegnato “ecologicamente”, in modo che avesse il migliore rapporto tra dimensioni, volume occupato e quantità contenuta.
Quali i molti vantaggi?
• Minore produzione di CO2
• Minore consumo di cartone
• Minore consumo di risorse primarie
• Minore volume trasportato
• Minore spazio occupato nelle abitazioni e nei punti vendita.
Questa innovazione è il frutto di mesi di analisi e riflessioni.
Il momento storico non induce ad innovare ed investire. Noi abbiamo però deciso di andare avanti per il cammino intrapreso 10 anni fa, decidendo col cuore, più che con la testa, quali potessero essere le azioni più responsabili e consapevoli da intraprendere, per rendere più leggera e sostenibile l’impronta di Officina naturae.
Speriamo siate con noi!
Silvia e Luca

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