Perché il gas sul Serio ci piace, e ci cambia
Del gas sul Serio ci piace tutto. La verdura che non appassisce in frigo dopo due giorni; la frutta che rimane gustosa a lungo, anche se la buccia non è lucida o perfetta; il pane fatto con farina di qualità, che non diventa né di gomma né di pietra dopo poche ore; i biscotti artigianali di cui siamo ahimè golosi. Ci piacciono insomma i tanti prodotti vari, buoni e locali, al punto che al di fuori del gas compriamo poche cose (pochissime fresche), e perlopiù nella modesta cooperativa davanti a casa o da piccoli produttori conosciuti con il passaparola.
Del gas ci piacciono i legami di comunità e la condivisione democratica espressi nel consiglio (purtroppo non possiamo partecipare alle cene), la rigorosa chiarezza dei contabili, l’affidabilità e la gentilezza delle persone, che si aiutano l’una l’altra nel gestire gli ordini e hanno sempre un sorriso per chi va a ritirarli o un gesto gentile quando capita di arrivare in ritardo. Quando possiamo – ahimè di rado – diamo volentieri una mano a preparare o distribuire gli ordini, perché è sempre piacevole fare due chiacchiere con persone interessanti e dedite a un’impresa comune, senza sfruttamento né lucro.
Il gas sul Serio ha cambiato insomma il nostro modo di spendere e di vivere, e non poco. Certi tiepidi pomeriggi di primavera, sulla piazzetta di Santo Stefano in Vairano, fra i rintocchi del campanile e i clienti del circolo che prendono un aperitivo, sembra quasi che il gas riesca ad affermare e preservare un modo diverso di consumare, lontano dalla grande distr(ib)uzione organizzata.
Già, la Gdo. Da tempo mal sopportavamo gli ipermercati, ma chi ci ha davvero liberati dai centri commerciali sono proprio i soci e le socie del gas, e di questo gli siamo grati a ogni consegna. Nella recente protesta degli agricoltori s’intrecciavano tante cause che vengono da lontano, ma di una – guarda caso – i media non hanno mai parlato: il ruolo opprimente e distruttivo della Gdo, che con le sue enormi piattaforme d’acquisto fissa prezzi, condizioni e tempi spesso insostenibili per gli imprenditori agricoli.
Certo, una maggior dimensione media aiuterebbe le imprese a investire, innovare e rendere la produzione più efficiente e l’uso di acqua e risorse più sostenibile; ma se sono costretto a vendere un litro di latte delle mie mucche a pochi centesimi più di quanto ho speso per mungerlo, quanto ancora potrò tagliare i costi? Quanto a lungo reggerò? Eppure non ho scelta, perché le mucche vanno munte tutti i giorni, due volte al giorno; e perché l’acquirente che manda l’autocisterna a ritirare il latte è uno solo: perciò o lo vendo a lui, al prezzo che lui decide, o lo butto. Ma un discorso simile vale anche per i pomodori, le ciliegie o il prosecco.
La prossima volta che giriamo con il carrello per i corridoi di un ipermercato, stanchi, nervosi e di fretta, storditi da luci crude e musichette tremende, fermiamoci di fronte all’ennesima offerta sottocosto e pensiamoci: siamo tutti consumatori, e come tali vorremmo trovare tutto a prezzi bassi e di qualità buona. Ma siamo all’impermercato alle sei e mezzo di sera perché siamo anche lavoratori, e come tali vorremmo uno stipendio decente e orari sopportabili per noi stessi e per la famiglia che con fatica mandiamo avanti.
Ecco, tutti siamo nello stesso tempo consumatori e lavoratori: salario e orari premono anche a chi ci sorride alla cassa, o a chi aspetta che liberiamo la corsia per sistemare sullo scaffale un nuovo carico di scatolame. Nell’unico paese occidentale in cui la produttività cresce a mala pena e gli stipendi sono quasi fermi dal 1990, davvero l’unico modo di far la spesa per un impiegato pressato e mal pagato è affidarsi a un sistema che sfrutta ancora di più e paga ancora di meno altri lavoratori, del tutto simili a lui, allo scopo di tenere i prezzi bassi? E a che qualità non solo delle merci, ma del consumo e della vita corrispondono quegli stipendi, quegli orari e quei prezzi?
Ricordiamoci ora che il gas sul Serio è riuscito a distribuire frutta e verdura persino nella pandemia, fra un lockdown e l’altro, e forse perfino durante i lockdown, e in tal modo a mantenere vitale non solo il proprio modo di consumare, ma anche una comunità, che a questo punto merita davvero di esser definita solidale.
Quindi, gasisti e gasiste: grazie.
Grazie per questo tuo scritto, ci rinnovi la motivazione e l’entusiasmo!
Grazie a te, Donatella! Sarebbe bello incrociarsi in qualche consegna: non sono sicuro di averti già conosciuto.
Grazie del testo che hai scritto! l’adesione al Gas è stata un’importantissima deviazione dal pensiero unico… tocchi tantissimi temi che andrebbero sviscerati e di cui non si parla mai abbastanza… spero di incontrarti prima o poi
Grazie, Elena, spero anche io di conoscerti presto. Intanto buona Pasqua
grazie mille. Hai riassunto in modo molto efficace quello che è il pensiero di molti di noi
Ciao, leggo solo ora questa bella lettera…anche io condivido e mi ritrovo in ciò che scrivi e che, spesso, fa sorridere gli interlocutori, quando ne parlo. Hai sviscerato molto bene le problematiche del nostro tempo, delle nostre realtà….quindi avanti convinti, grazie!