Usare gli occhi e le braccia contro lo sfruttamento e la violenza

Satnam Singh, bracciante indiano di 31 anni, sfruttato per anni in modo degradante nelle campagne di Latina, è morto il 19 giugno scorso in seguito a un incidente sul lavoro e forse anche alla condotta del suo padrone, così negligente da ammettere come conseguenza la morte di una persona (questo significa “omicidio volontario con dolo eventuale”, l’ipotesi formulata dai giudici contro il proprietario dell’azienda agricola).

Qualche giornale, qualche commento sui social network ha stabilito un nesso di causa ed effetto fra le offerte sottocosto degli ipermercati e lo sfruttamento di migliaia di braccianti. La passata di pomodoro a 70 centesimi al barattolo è dunque la causa ultima della morte di Satnam Singh, e della vita infame sua e di tanti altri? Ha ragione Oscar Farinetti, citato da Michele Serra in questa newsletter? Dovremmo tutte e tutti abituarci a «mangiare la metà, pagando il doppio»?

Mah. Vero, come e dove fare la spesa ha una sua importanza, e del resto è l’ultimo scampolo di libertà rimasto a molte e molti di noi; di certo le offerte sottocosto diventano convenienti per noi, perché le paga qualcun altro: con un orario e una fatica massacranti, con un salario da fame, con un trattamento disumano.

Tuttavia, questo argomento addossa tutta la colpa al consumatore finale, inconsapevole ma essenziale ingranaggio dello sfruttamento. Ma sebbene le morti dei braccianti e le inchieste sulle loro condizioni di vita e di lavoro siano state molte, negli anni, i comportamenti del consumatore medio non sembrano esser cambiati né aver cambiato granché.

Questo argomento ignora però il potere mostruoso della grande distribuzione organizzata, che è davvero una catena di grande distruzione: di merci, scartate quando non corrispondono a standard rigidi; di valore, con prezzi bassissimi imposti alla produzione; di lavoro e di persone, come accade da anni nell’Agro pontino, nel Tavoliere delle Puglie, nel Ragusano, negli uliveti e vigneti toscani o umbri. Tutto questo per un guadagno risicatissimo: un ipermercato lavora su un margine medio dell’1,3%.

(Questo argomento ignora, infine, l’infamia di una legge superata e criminale che non regola affatto, anzi impedisce l’immigrazione regolare e gestita di lavoratori, e promuove quella irregolare, con il suo contorno di mafie, caporalato, violenza, sfruttamento, miseria, evasione fiscale. Ma di questo parleremo un’altra volta.)

È facile calcolare che triplicando la paga dei braccianti, il costo del barattolo di passata salirebbe di soli 2 centesimi di euro. Michele Serra ha pubblicato, nella puntata seguente della sua newsletter, alcune delle risposte ricevute da lettori e lettrici. Più d’uno ha giustamente osservato che, se il prezzo di un barattolo di passata raddoppiasse, la differenza con tutta probabilità non finirebbe ai braccianti, ma rimarrebbe nelle tasche del marchio. O dell’impermercato. O dell’imprenditore agricolo disonesto, che in assenza di ispezioni non ha nessun interesse a pagare di più i lavoratori, visto che il sistema dei caporali o della mafia funziona così bene e con così pochi rischi da tanto tempo.

Il padrone di Satnam Singh ha detto di aver scaricato il bracciante gravemente ferito, e il suo braccio, davanti alla sua casa perché era preso dal panico e non sapeva che fare. E forse dice il vero: non aveva mai pensato che quelle regole, che da anni lui ignorava bellamente, lo potessero mettere in un enorme guaio. Ma il guaio, ossia la mutilazione orrenda e poi la morte di un dipendente a nero, è nato da una violazione sistematica, e sistematicamente impunita, delle regole. Facile e redditizio è lo sfruttamento che molti attori della catena favoriscono e che tutti dimenticano.

Dunque il problema è nella struttura di approvvigionamento, nella distribuzione del valore e dei profitti, nello schiacciante potere contrattuale che la grande distruzione organizzata esercita sull’intera catena. I salari bassi, fermi da trent’anni, e le condizioni di lavoro pesanti non sono affatto solo fra i braccianti agricoli: sono anche nei capannoni della logistica che nessuno vuole vicino a casa, nelle piccole aziende agricole massicciamente sussidiate dalle nostre tasse eppure soffocate dalle condizioni del mercato, nei centri commerciali che promettono assunzioni e meraviglie mai mantenute, per poi chiudere dopo quindici o anche solo dieci anni, quando la concorrenza e i costi di gestione sono diventati insostenibili – pensate alle Acciaierie di Cortenuova o alla Francesca di Verdello.

C’è un lavoro di consapevolezza da fare, e il nostro gas lo fa, nel suo piccolo, sul serio. Con una prima arma efficace: gli occhi aperti. I nostri gruppi vanno a conoscere i produttori, visitano le aziende per vedere cosa e come producono; il consiglio direttivo discute le proposte di nuovi fornitori, in base alle regole e ai valori del nostro statuto; produttore e venditore sono perlopiù la stessa persona, in una filiera cortissima – quando possibile, anche geograficamente – basata sull’onestà, la comunicazione e la fiducia coltivate negli anni.

L’altra arma del gas sono le braccia: gasisti e gasiste aspettano l’arrivo dei prodotti, li scaricano, li dispongono in ordine, li controllano, li caricano sulle auto di altri gasisti e gasiste che vengono a ritirarli. Non dunque le braccia sfibrate dei braccianti, né quello strappato di Satnam Singh, né quelle invano tese al cielo della sua compagna, Soni Kaur, 25 anni: usiamo le nostre braccia, le nostre gambe e i nostri occhi per rendere più difficile lo sfruttamento di altri, simili a noi, eppure a noi invisibili.

Narno Pinotti

Narno Pinotti

Un pensiero su “Usare gli occhi e le braccia contro lo sfruttamento e la violenza

  1. Grazie Narno per la approfondita riflessione….anche Simone della Coop. Noe di Sicilia Vostra, ci aveva raccontato delle difficoltà degli agricoltori con le arance per la grande distribuzione. Il problema dei sconti e delle richieste di frutta e vedrura “perfetta” esteticamente da parte dei supermercati stritola i coltivatori. La mia regola, molto semplicistica forse, che ripeto anche alle mie figlie, é non comprare prodotti con prezzi troppo bassi ( 1 litro di latte a 0;99 euro ci deve far sorgere un dubbio). Grazie ancora,ornella

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